IL DIO DELLE FORME

Scoprire il fascino che riscuote in noi ancora oggi la cultura nipponica e più in generale le cosiddette civiltà orientali è in assoluto uno dei temi più trattati e analizzati e tuttavia resta, a nostro parere ancora oggi, assai sfuggente e pieno di contraddizioni. È evidente che tali approfondimenti richiederebbero ben altra natura di analisi, pur tuttavia vorremmo provarci, anche e soprattutto oggi che assistiamo alla rinascita di un “giapponismo di maniera”, diverso e assai simile a quello salottiero dell’Ottocento parigino.
Per mettere a fuoco tali differenze bisognerebbe partire da valutazioni di carattere epistemologico prima che estetiche. Tradizionalmente il pensiero occidentale è sempre stato appannaggio di questioni morali ed etiche che trovano profonde radici nelle religioni a partire dal cristianesimo. L’arte in tutto ciò ha svolto un ruolo di mediazione tra le scelte individuali di natura esistenziale e morale con la tecnica e la sua valutazione più propriamente estetica, producendo una costante ricerca di tensioni che sono alla base delle nostre energie passionali. Un oggetto in pratica racchiude da noi una matrice culturale e simbolica prima che estetica. Detta deformazione mentale e psicologica ha prodotto una frattura insanabile con un mondo che ha alla base valutazioni esattamente opposte alle nostre, quello giapponese. Da sempre impegnato in una ricerca estetica della vita, che vengono espressi, dai piccoli gesti quotidiani alle grandi opere progettuali con l’unico fine di realizzare nuovi equilibri tra l’uomo, la natura, il cosmo. È da questi valori che nasce la religione primordiale giapponese, lo shintoismo, in cui ogni forza della natura, sentita dall’uomo come superiore, diventa un dio, un Kami; e in questo Olimpo di Dei non vi è un Dio assoluto metafisico e dalle sembianze umane, ma reale e dalle forme perfette, una montagna, il Fuji. Più di mezzo secolo fa scrisse il saggista Okakura “Niente ha avuto un ruolo così determinante nella formazione della mentalità giapponese come il Fuji. Pittori e poeti, hanno da sempre messo alla prova i loro talenti nel descrivere, raffigurare ed evocare l’ineffabile presenza della montagna, quasi fosse l’unità di misura del bello. Basterebbe a proposito ricordare Hocusai, tra gli inventori dei Manga o Basho, il grande maestro di haiku o più recentemente il cineasta Akira Kurosawa che lo scieglie come ambientazione del suo ultimo film. Ma a parte le ripercussioni di carattere spirituale, quello che vorremmo mettere in risalto è la costante ricerca di un armonia che è alla base della loro facilità nel rigenerarsi e di infondere nuove ed efficaci energie senza per questo subire traumatiche e dolorose rotture con un passato ingombrante.