L’ARTE DI STEVE

In futuro la realizzazione dell’espressione figurativa pura nella realtà afferrabile del nostro ambiente sostituirà l’opera d’arte…Allora non avremo più bisogno di quadri e di statue, perché vivremo in un’arte realizzata.

Supponiamo che questo mondo visionario per non dire utopico immaginato da P.Mondrian nel lontano 1947 ci sia d’un tratto apparso familiare. Mettiamo che non un artista maledettamente dotato e ricco di una sufficiente spregiudicatezza, ma un industria questa volta ad averci provato; e non un’industria qualsiasi, ma quella che noi identifichiamo come tecnica, anzi peggio, l’essenza stessa della tecnologia. Lì dove ogni scelta sembra dettata da leggi di natura fisica e ingegneristica prima che estetiche per una volta ci è sembrato capovolgersi. Qualcuno avrebbe detto: la forma si è riconciliata con la funzione, invenzioni che hanno ridato slancio a bisogni immateriali propri della nostra epoca, quali la comunicazione e più in generale l’informazione estesa al sociale, si sono legati indissolubilmente con oggetti “materiali” essenzialmente “belli” che hanno invaso piacevolmente la nostra vita quotidiana. Steve Jobs in un intervista dice che nella sua azienda lavorano insieme artisti, filosofi e altre figure provenienti da un vastità di discipline che solo un caso vuole che siano anche degli eccellenti programmatori. Questo stesso concetto lo ribadì nel suo famoso discorso di Stanford, un vero e proprio manifesto didascalico verso le nuove generazione, dove accenna a un episodio che a suo dire gli cambiò la vita.

“Il Reed College all’epoca offriva probabilmente la migliore formazione del Paese in calligrafia. In tutto il campus ogni poster, ogni etichetta, ogni cartello era scritto a mano con grafie bellissime. Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito il corso di calligrafia per imparare a scrivere così. Fu lì che imparai i caratteri serif e sans serif, la differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, quello che rende eccezionale un’eccezionale stampa tipografica. Era bello, storico, artistico e raffinato in un modo che la scienza non è in grado di offrire e io ne ero completamente affascinato.
Nessuna di queste cose però aveva alcuna speranza di trovare un’applicazione pratica nella mia vita. Ma dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, tutto quello che avevo imparato mi tornò utile. E lo utilizzammo tutto per il Mac. E’ stato il primo computer dotato di una bellissima tipografia. Se non avessi mai lasciato il college e non avessi mai partecipato a quel singolo corso, il Mac non avrebbe probabilmente mai avuto caratteri tipografici differenti o font spaziati in maniera proporzionale. E dato che Windows ha copiato Mac, è probabile che non ci sarebbe stato nessun personal computer con quelle capacità.”